La montagna ha partorito il topolino. Il Partito democratico ha presentato a fine ottobre la propria proposta di legge sull'acqua. A parole avrebbe dovuto fermare la privatizzazione, ma il testo non regge alla prova dei fatti: l'articolo 7, infatti, spiega che “il servizio idrico integrato è un servizio di interesse economico generale”, la formula che l'Unione europea individua per definire quei servizi che possono essere gestito da soggetti di diritto privato (società per azioni pubbliche, miste o private). Gli articoli sono in tutto 15, raccolti intorno al titolo “Disposizioni per il governo della risorsa idrica e la gestione del servizio idrico integrato”. Ed è questo, forse, l'unico merito del testo: a differenza della legge “Ronchi”, quella votata dal governo di centro destra nel novembre 2009, che si limita a disciplinare le modalità d'affidamento del servizio, affronta nel “merito” i problemi legati ai nostri acquedotti, alle fognature, ai sistemi di depurazione.
A scorrerla, però, la legge partorita dal Pd è piena di contraddizioni, a cominciare dai principi (articolo 2): da un lato si scrive che “l'acqua è un bene comune dell'umanità” (comma 1) e dall'altro si sancisce che “è un bene scarso, di rilevanza economica” (comma 4). E pare sia quest'ultimo il comma che ha ispirato i redattori dei successivi 13 articoli operativi, illustrati alla stampa il 21 ottobre, a Roma, da Pierluigi Bersani, segretario del Partito democratico, Dario Franceschini, capogruppo alla Camera, Anna Finocchiaro, capogruppo al Senato, e Stella Bianchi, responsabile ambiente del partito.
Franceschini, nel corso della conferenza stampa, si è lasciato andare, sottolineando che con questa proposta “noi traduciamo l'oggetto del referendum in una proposta di legge”. Il referendum è quello proposto dal Forum italiano dei movimenti per l'acqua, insieme a decina di altre realtà nazionali e territoriali (tra cui Ae), firmato da oltre 1,4 milioni di cittadini italiani. Ma Franceschini, che pure ha firmato per i tre quesiti, forse non ha ben chiaro l'oggetto del referendum: oltre all'“incaglio” dell'articolo 7, è l'articolo 10 (“Tariffa del servizio idrico integrato”) a misurare la distanza abissale tra la segreteria del Pd e i movimenti: oltre al costo del servizio, la tariffa è definita tenendo conto “della quota da destinare agli investimenti” e “della remunerazione dell'attività industriale” (comma 2e). Quest'ultimo è proprio l'oggetto del terzo quesito referendario, che chiede l'abolizione di ogni remunerazione del capitale investito e un ritorno alla finanza pubblica e alla fiscalità generale. Se davvero avesse voluto “tradurre” il referendum in una legge, i legislatori del Partito democratico avrebbero potuto leggere il testo della Proposta di legge d'iniziativa popolare, sottoscritta da oltre 400mila italiani nel 2007, depositata alla Camera dal luglio di quell'anno.
di Luca Martinelli
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