lunedì 31 gennaio 2011

Info su PIU Europa

Inviata a: urp@regione.campania.it; ass.taglialatela@regione.campania.it

Salve, mi chiamo Luciano Palomba e sono cittadino di Torre del Greco. Ho letto che il comune di Torre del Greco ha presentato i progetti per il piano PIU Europa. Ho dato un'occhiata ai progetti che sono presenti sul sito del comune e che sono stati sottoposti alla regione nei giorni scorsi. Tra i progetti, c'è quello denominato consorzio Villa Inglese: dandoci un'occhiata, mi è venuto un forte dubbio che si tratti di una proprietà privata, utilizzata dalla società appaltatrice che si occupa della raccolta dei rifiuti come sversatoio.
Dato che si tratta di fondi pubblici, Vi sarei grato se riusciste a togliermi questo dubbio.
grazie
luciano palomba

sabato 29 gennaio 2011

Solo munnezza!

Inchiesta rifiuti a Napoli, indagato Bassolino Arrestati prefetto ed ex vice di Bertolaso
Le misure cautelari sono state prescritte per 14 persone, tra cui Marta Di Gennaro, ex vice del capo della Protezione Civile e il prefetto Corrado Catenacci. L'accusa è di aver consentito lo sversamento di percolato in mare
Sono nomi di spicco quelli coinvolti nell’inchiesta sui rifiuti a Napoli che in mattinata ha portato all’arresto di Marta Di Gennaro, ex vice di Guido Bertolaso alla Protezione Civile, e del prefetto Corrado Catenacci, ex commissario ai rifiuti della Regione Campania. E tra le 38 persone indagate risultano pure l’ ex presidente della Regione Antonio Bassolino, l’ex assessore regionale Luigi Nocera e l’ex capo della segreteria politica di Bassolino, Gianfranco Nappi. L’operazione per reati ambientali è stata eseguita in varie zone d’Italia dai carabinieri del Noe (Nucleo operativo ecologico) e dalla Guardia di Finanza di Napoli, coordinata dalla procura della Repubblica di Napoli. A Di Gennaro e Catenacci è stato concesso il beneficio degli arresti domiciliari. Nella stessa operazione sono state arrestate altre 12 persone. Le accuse sono di associazione per delinquere, truffa e reati ambientali. Sequestri di documentazione sono stati messi in atto in diverse sedi istituzionali, come la Prefettura di Napoli, la Regione Campania ma anche la Protezione civile di Roma e in sedi di aziende di rilievo nazionale. Nel corso delle indagini è stata accertata l’esistenza di un accordo illecito tra pubblici funzionari e gestori di impianti di depurazione campani che ha consentito, per anni, lo sversamento in mare del percolato (rifiuto liquido prodotto dalle discariche di rifiuti solidi urbani), in violazione delle norme a tutela dell’ambiente. Il percolato veniva immesso senza alcun trattamento nei depuratori dai quali finiva direttamente in mare, contribuendo ad inquinare un lunghissimo tratto di costa della Campania, dal Salernitano fino al Casertano.
Le ordinanze di custodia cautelare (otto in carcere e sei ai domiciliari) sono state eseguite a Napoli, Roma, Caserta e Parma. L’indagine, durata fino al luglio 2010 e prosecuzione di quella conclusa nel maggio 2008 (nota con il nome di ‘Operazione Rompiballe’, che ha portato all’arresto di 25 indagati per traffico illecito di rifiuti) è stata sviluppata mediante attività tecniche, nonché riscontri documentali, che hanno permesso di acquisire gravi indizi di colpevolezza nei confronti di ex uomini politici, professori universitari, dirigenti della pubblica amministrazione e tecnici delle strutture commissariali che si sono avvicendati al Commissariato per l’emergenza rifiuti della Regione Campania dal 2006 al 2008.

http://comibosco.blogspot.com/2011/01/solo-munnezza.html

venerdì 28 gennaio 2011

Minacce

Continua l'opera di minacce. In tv, giovedì 28 gennaio si è aggiunto un altro tassello di arroganza. Un direttore di azienda ke kiama durante una trasmissione, sicuramente sollecitato dal capodeicapi, e che legge un testo di cavilli e articoli. Dall'altra parte, un professionista ke, condivisibile o meno, sa fare il suo lavoro, e ke lo smonta, in un attimo. Porta alla luce del sole il suo servilismo. Bravo Santoro.

giovedì 27 gennaio 2011

Siamo fatti tutti così

La tattica era kiara sin dall'inizio. Creare uno stato parallelo, fatto di appalti truccati, corruzione, pozzi di soldi pubblici da poter ingurgitare. Far partecipare al banketto quanti più amici possibile. In gioco c'era il potere personale, interessi economici personali e dei padrini siciliani. Allora, si è fatto partecipare il fascista, il democristiano, il camorrista, il leghista, addirittura il vaticano. Si è mangiati a sbafo, per anni. Si sono stretti rapporti stretti: tutti sapevano tutto. E se qualcuno non si confidava su qualcosa, ci pensavano i giornali patinati di partito ad arrivare alla "notizia". Anche in maniera grottesca. Il messaggio cominciava ad essere kiaro solo una quindicina di anni dopo: so tutto di voi. Vi tengo per le palle. Gli amici lo hanno cominciato a capire, e hanno cominciato a pentirsene: forse non si doveva effettivamente consegnare nelle mani di una sola persona tutto il potere economico/mediatico. Tutti sotto scacco: nessuno parli, altrimenti i cani verranno sciolti. In questo preciso momento storico, i cani sono stati sciolti.E per calmare i bollori, paradossalmente basta soffiare sul fuoco: additare la magistratura, cancellare diritti, immettere odio nella flebo della democrazia. Portare gente in piazza, la gente del partito dell'amore.

mercoledì 26 gennaio 2011

Disastro ambientale a Porto Torres: la marea nera si espande

In seguito all'incidente verificatosi a Porto Torres, continuano le opere di bonifica sulle spiagge invase dal catrame
La marea nera, causata dall'olio combustibile finito in mare l'11 gennaio, si allarga da Porto Torres sino alle coste di Santa Teresa di Gallura e Aglientu. Si tratta di aree vicine al Parco Nazionale Arcipelago La Maddalena e alla Riserva delle Bocche di Bonifacio, in territorio francese.
Il 22 gennaio scorso il presidente della Provincia di Olbia-Tempio, Fedele Sanciu, ha chiesto al ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, di dichiarare lo stato di emergenza nazionale.
Continuano intanto le operazioni di bonifica mentre le amministrazioni locali accusano il Governo e la Regione di non aver dato una risposta adeguata per fronteggiare la grave emergenza ambientale che sta riguardando un'area strategica in cui sono presenti parchi nazionali e siti di interesse europeo come il Santuario dei cetacei.
Si tratta di un disastro di cui è difficile tuttora stimare l'entità. Il governo, con il ministro dell'Ambiente, riferirà mercoledì 26 gennaio in Commissione Ambiente della Camera sul danno ambientale provocato dallo sversamento sulla costa del Nord della Sardegna.
Secondo quanto emerso nel corso di un incontro tenutosi venerdì scorso negli uffici del settore Ambiente dell’amministrazione provinciale di Sassari la fase di emergenza non è ancora finita e pertanto “è vietato abbassare la guardia”. Alla riunione hanno partecipato oltre alla Provincia i Comuni di Sassari, Porto Torres, Sorso, Castelsardo e Stintino, i tecnici dell’assessorato regionale dell’Ambiente, dell’Arpas e dell’Ispra, il Parco dell’Asinara e la Capitaneria di Porto di Porto Torres.
Le istituzioni presenti si sono dette preoccupate circa i danni ambientali ed economici determinati dall'incidente. Si teme in particolare il colpo tremendo che potrebbe subire il turismo.
Forte preoccupazione è stata espressa poi anche dai cittadini che, anche tramite Facebook, chiedono risposte.
Nel gruppo aperto sul social network 'Disastro ambientale a Porto Torres e Platamona: vogliamo risposte!' si legge infatti: "Vogliamo risposte, vogliamo capire cosa e' successo, capire le ragioni del ritardo e del silenzio dei media. Ma soprattutto vogliamo che la nostra terra torni a splendere senza il bisogno di petroliere e inquinamento. Per questo abbiamo scritto ai vertici E.On e ai media locali e nazionali: dobbiamo far sentire la nostra voce, dobbiamo far capire che il litorale di Platamona vale tanto quanto la Costa Smeralda, che non esistono spiagge di serie A e spiagge di serie B e che ciò che è accaduto è grave. Dobbiamo essere in tanti per ridare dignità ad una terra che troppo spesso è stata calpestata per incuria o interessi economici. Uniamoci e gridiamo a voce alta le nostre ragioni!".
24/01/2011
http://www.ilcambiamento.it/inquinamenti/porto_torres_marea_nera_danni.html

Prima o poi

In questi giorni è entrato a Rebibbia nientepopodimenochè Don Totò Cuffaro, ex presidente della regione Sicilia, senatore e deputato di vecchio stampo, in Forza Italia e poi nell'UDC. E' accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso, accusa che ha da sempre negato. Ma che negli ultimi tempi ha cominciato ad ammettere, come ingenue concessioni amichevoli. Insomma, comincia ad ammettere ciò che negli ultimi 10 anni ha sempre spergiurato di non aver commesso. Non ricordo come era prima di Berlusconi, ma negli ultimi 15 anni non ricordo nessun politico (o comunque ci sarà stato anche qualche mosca bianca) che abbia scontato la pena, per accuse più o meno gravi. Cuffaro è il primo che io mi ricordi. Dell'Utri, Cosentino, Berlusconi, Schifani, e tanti altri non lo hanno fatto. E non credo lo faranno mai.
Qui incollo un articolo di Antonello Caporale, apparso sul blog di Repubblica. Non lo condivido totalmente, ma mi ha fatto riflettere leggendolo.

Una settimana fa, in via del Seminario, appena dietro il Senato, ho incontrato Salvatore Cuffaro che, salutando, mi ha improvvisamente chiesto: “Se andrò in carcere farai una preghiera per me alla Madonna?”. Nell’imbarazzo, mi è parso giusto annuire. Lo aveva chiesto anche alcuni mesi fa, era mattina presto e fu lui a cercarmi, a dirmi del carcere, a volermi parlare della famiglia, del suo dolore. Durante la conversazione, che poi pubblicai sul giornale, domandai di spiegare il senso della sua vita. Il carcere era infatti il segno di tante amicizie pericolose. Misura del malgoverno, di una gestione del potere in Sicilia esposta a ogni possibile censura. Cuffaro difese il suo operato, ma ammise qualche responsabilità, la chiamò “ingenuità”. Era stato “ingenuo” a circondarsi di quegli amici, “ingenuo” ad accettare favori e fare favori.
Non c’è traccia di questa ingenuità nelle valutazioni con le quali i giudici hanno confermato la pena e però esiste un punto di onore e di singolare dignità – visti i tempi – nel modo in cui l’ex presidente della Regione Sicilia ha scelto di rispettare la sentenza e consegnarsi a Rebibbia
Questo contegno – che forse va oltre le stesse intenzioni del protagonista – è forse l’unica novità di rilievo per l’Italia di oggi e specialmente per il Sud. Finalmente un politico accetta di rendere conto. E’ poi un politico meridionale che compie questa scelta e fissa un punto: la legge come obbligatoria e ultima istanza.
In queste stesse ore le primarie del Pd per la scelta del candidato a sindaco di Napoli sono di nuovo percorse dai timori di brogli. Brogli interni al Partito democratico, brogli provocati da propri militanti nel chiuso dei circoli e nel nome della trasparenza. Di queste ore la notizia che i Casalesi hanno venduto allo Stato i terreni per il deposito delle ecoballe – i rifiuti come industria dello spreco - a un prezzo venti volte superiore ai valori di mercato. Di queste settimane la notizia che la Calabria ha abolito ogni incompatibilità tra la carica di sindaco, consigliere e/o presidente di Provincia e consigliere regionale. E di questo mese la notizia che la Sicilia forse assume nel solito orribile modo alcune migliaia di disperati travestendoli da stagisti.
Ecco perchè ancora e più delle manette a Cuffaro è rivoluzionario il modo in cui Cuffaro ha porto i polsi e si è avviato al carcere.

lunedì 24 gennaio 2011

Liberali, ma solo sulla carta

Massimo Giannini, vice-direttore di Repubblica, ha dedicato il suo editoriale del 17 gennaio sul dorso Affari&finanza ai referendum, invitando i lettori a votare no ai referendum. Non condividendo le tesi espresse, Altreconomia gli ha scritto una lettera.

Gentile Massimo Giannini,

mi chiamo Luca Martinelli e sono un giornalista, redattore della rivista Altreconomia.

Ho letto con attenzione il suo editoriale in merito ai referendum (“Liberali che scrivono sull'acqua”), pubblicato sul dorso Affari&finanza del giorno 17 gennaio 2010. Lei è il vice-direttore de la Repubblica, e perciò non posso che interpretare il suo articolo come l'espressione di una ferma contrarietà del vostro quotidiano rispetto ai due quesiti referendari in merito al servizio idrico integrato promosso dal “Comitato referendario 2 sì per l'acqua pubblica”.

Allo stesso modo, Altreconomia, la rivista per cui lavoro, ha scelto di partecipare attivamente alla campagna referendaria, e io risulto tra i 43 firmatari dei quesiti referendari depositati nel marzo del 2010 presso la Corte di Cassazione.

Fatte le dovute presentazioni, veniamo al motivo della mia lettera. È palese che un articolo “di opinione”, com'è necessariamente un editoriale compresso nello spazio esiguo di 2mila battute, non possa contenere né rimandare ad approfondimenti. Vorrei però aprire un dialogo e un confronto franco con il giornalista Massimo Giannini, di cui leggo con attenzione le cronache di osservatore attento e fine analista delle dinamiche del sistema economico del nostro Paese. Sono, di solito, articoli ben documentati. Le cui affermazioni si ancorano a dati di fatto. Questa lettera è così un invito ad approfondire, con la stessa dovizia, anche i temi relativi al servizio idrico integrato.

Parto dalle affermazioni contenute nel suo editoriale. Lei scrive “c'è una realtà pratica, che vuole l’acqua pubblica mal gestita, se è vero che sulla rete idrica nazionale si disperde quasi il 50% della risorsa complessiva”.
Prima di rispondere, dovremmo porci una domanda: è, davvero, la riduzione degli sprechi uno degli obiettivi perseguiti dai gestori del servizio idrico integrato negli ultimi sedici anni, da quando con la legge Galli (l. 36/1994) venne attuata l'ultima importante riforma nel settore? Probabilmente, la risposta a questa domanda è no. L'amministratore delegato di una delle più importanti aziende del settore me l'ha confermato in un'intervista, spiegandomi che la riduzione degli sprechi non è nemmeno un tema “dibattuto” all'interno dei consigli di Federutility, dove nessuno si gloria di aver “tappato i buchi”. Le parole sono “confermate” dai dati del rapporto del centro studi Mediobanca sulle società controllate dai maggiori Comuni italiani, che certifica -e a noi pare significativo- che il peggior acquedotto d'Italia, in termini di perdite di rete, sia quello romano. Mediobanca, e non il Comitato referendario, s'è preso la briga di misurare le perdite di rete (ovviamente a partire da dati forniti dalle aziende) facendo un rapporto non solo tra “litri immessi in rete e non fatturati” e “popolazione servita”, ma inserendo anche la variabile “lunghezza della rete”. Una variabile significativa, che aiuta a scalfire l'immagine dell'Acquedotto pugliese (spa 100% pubblica), il più lungo d'Europa, come colabrodo d'Italia. Lo stesso rapporto, viceversa, segnala che i migliori acquedotto italiani sono quelli di Milano e provincia, gestite da Metropolitana Milanese (100% del Comune di Milano) e da Amiacque (100% pubblica).
E a Roma? A Roma c'è Acea, che probabilmente ritiene strategico e prioritario allargare il proprio mercato piuttosto che tappare i buchi nell'acquedotto della capitale. Non si spiegherebbe altrimenti una strategia che ha portato la società a “partecipare” attivamente (direttamente o attraverso società controllate) nella gestione del servizio idrico integrato in una dozzina almeno di Ambiti territoriali ottimali, dalla Toscana alla Campania, passando per l'Umbria e -ovviamente- il Lazio.

Un altro falso mito che varrebbe la pena approfondire è quello relativo alla dicotomia tra “privatizzazione” e “liberalizzazione”. E l'insegnamento ci arriva sempre da Acea, e dalla lettura di un interessante sentenza con cui nel 2007 l'Autorità garante per la concorrenza e il mercato ha multato la ex municipalizzata romana e la francese Suez (secondo azionista privato di Acea, oggi, dietro Caltagirone, ma il primo al tempo) per un accordo di cartello (una sorta di “patto di non belligeranza”) nell'ambito del quale le due aziende avrebbero sostanzialmente eliminato la concorrenza in buona parte della gare del servizio idrico integrato che si sono svolte in Italia dal 2002 all'avvio dell'indagine Antitrust (la sentenza cui faccio riferimento è reperibile, integralmente, sul sito agcm.it, ed è una lettura istruttiva).
Le chiedo di aiutarmi a capire a che tipo di liberalizzazione facciamo riferimento quando, trattandosi dell'affidamento di un servizio di rete, ovvero di mera concorrenza “per il” mercato e non “nel” mercato, si ha la certezza che la gara sia truccata.
Da quest'analisi discende una considerazione amara, però: da un affidamento non si torna indietro. Nonostante la ricca documentazione che accompagna la sentenza dell'Antitrust (che pure non ha sollevato l'indignazione della politica), Acea e Suez continuano a gestire a braccetto, e lo faranno almeno per i prossimi vent'anni, gli acquedotti di mezza Toscana.
Ecco: la legge Fitto-Ronchi, che lei saluta come “l’unica, parziale apertura al mercato compiuta da una maggioranza di falsi liberisti”, non tocca assolutamente il nodo del “come si svolgono le gare”. E questo è preoccupante, almeno per me.

Lei scrive che con il referendum si bloccheranno anche “le privatizzazioni e le liberalizzazioni anche di bus, metropolitane, raccolta dei rifiuti, impianti di depurazione e reti fognarie”. Tralasciando che impianti di depurazione e reti fognarie sono parte del servizio idrico integrato, e quindi oggetto di tutta la comunicazione del Comitato referendario, oltre che non gestibili separatamente dalla rete acquedottistica, la invito a riflettere sull'eventualità di una privatizzazione anche degli altri servizi che ricadono nell'ambito della legge Fitto-Ronchi.
E lo faccio a partire dalla prima gara per “affidare” un servizio, quello di trasporto pubblico locale, ex articolo 15 della legge 166/2009. Si sta svolgendo a Torino. La invito intanto a leggere il parere sul bando di gara emesso da un'Agenzia per i servizi pubblici locali del Comune di Torino, che palesa alcune problematicità: mancata previsione della prestazione oggetto del bando (in termini di chilometri di servizio, e numero di passeggeri trasportabili); mancata previsione di eventuali sanzioni per il gestore inadempiente; eliminazione di ogni forma di controllo sul servizio (accesso ai documenti del gestore) da parte del consiglio comunale. L'Agenzia, poi, contesta nel parere che la gara sembra scritta come una “camicia su misura” per un soggetto, Gtt, che già era gestore della rete. Non pare strano, così, che l'unica offerta pervenuta sia quella di Gtt, una società controllata al 100 per cento dal Comune di Torino.
Non interessa, qui, se ciò apra o meno la strada alla privatizzazione di Gtt. Quel che è certo è che si sono “privatizzati” i rapporti tra un Comune e l'azienda che gestisce un servizio fondamentale per il cittadino, se aiutare il Paese ad uscire dalla “schiavitù dell'automobile”, quale il trasporto pubblico locale.

Siamo senz'altro d'accordo su un aspetto: l'esempio dell'Atac, che lei indica come espressione dei rischi di un ritorno al pubblico “statalista” (ma le ricordo che Atac è una società per azioni, e pertanto una società di natura privatistica), manifesta anche a mio avviso la totale inadeguatezza e incompetenza della classe politica che sta gestendo il nostro Paese.
Basti pensare che, invece di rimetter mano alla legge Galli, cercando così di risolvere i problemi più macroscopici che sedici anni di operatività della riforma del servizio idrico hanno palesato, il governo in carica, peraltro espressione della stessa maggioranza che ha eletto a Roma la giunta Alemanno, ha presentato come “riforma” (e non solo del servizio idrico, di tutti i servizi pubblici locali) un decreto che tocca solo l'aspetto (senz'altro marginale, da un punto di vista operativo e gestionale) della modalità di affidamento del servizio, limitando la possibilità per gli enti locali di fornire lo stesso in economia o attraverso società interamente controllate (in house).

Per ultimo, vorrei segnalarle la vicenda di F2i, il fondo della sgr che vede Vito Gamberale come amministratore delegato e che investito nel servizio idrico integrato diventando azionista di Mediterraneo delle acque. Mi colpisce che i Comuni di Torino, Genova, Parma, Piacenza e Reggio Emili e molti piccoli comuni emiliani siano soci di un soggetto (detengono l'altro 60 per cento di Mediterranea delle acque) ma non possono (o potrebbero) spiegare ai propri cittadini chi ha fornito i capitali a questo soggetto diventato loro partner?
I nomi dei “Limited Partners” che hanno sottoscritto oltre 900 milioni di euro in F2i, circa la metà del fondo, non sono noti. È possibile che gli enti locali accettino una situazione del genere? È accettabile che questi soggetti sconosciuti siano, attraverso la società Mediterranea delle acque, titolari del servizio idrico integrato nella provincia di Genova?

Mi permetta, prima di salutarla, una notazione: se davvero l'acqua e tutti gli altri servizi fossero, per natura, “a rilevanza economica”, la Corte Costituzionale avrebbe rigettato il primo quesito referendario. La realtà è, però, diversa. E chi ha preso in giro l'Italia e gli italiani è palesemente il governo, con l'oramai ex ministro Ronchi che ha inserito l'articolo 15 in una norma che, nel titolo, recita: “Adeguamento alla disciplina comunitaria in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica”. Il secondo quesito referendario che i cittadini italiani saranno chiamati a votare, invece, pone l'accento sulla tariffa del servizio idrico integrato. E spaventa perché scopre un nodo irrisolto, mai dibattuto con la dovuta cura sui media. Quali sono le modalità di finanziamento del servizio idrico integrato? Possibile che debba essere lasciato totalmente al mercato, e alle tasche dei cittadini? Anche Federutility concorda, ormai, con l'impostazione del Forum italiano dei movimenti per l'acqua: il modello full recovery cost non funziona; gli ultimi sedici anni hanno palesato una riduzione assoluta degli investimenti sulla rete, e -in termini relativi- il Comitato di vigilanza sulla risorse idriche presso il ministero dell'Ambiente certifica che poco più della metà degli investimenti programmati sono stati effettivamente realizzati. Che fare di fronte a questa situazione? Federutility chiede finanziamenti pubblici a fondo perduto a favore dei gestori privati del servizio. Il Comitato promotore chiede invece di riflettere seriamente sul modello e sulla composizione della tariffa; invita a ridiscutere l'esigenza di una finanza pubblica, ruolo cui la Cassa depositi e prestiti para aver abdicato.

Cordialmente,
Luca Martinelli
luca@altreconomia.it
349-86.86.815

http://www.altreconomia.it/site/fr_contenuto_detail.php?intId=2633

giovedì 20 gennaio 2011

Agghiacciante

E' agghiacciante quanto sta succedendo oggi nel paese. In questa repubblica delle banane. Si sta assistendo ad un imbarbarimento del potere. Perkè io non credo ke i vari Berlusconi, Verdini, Cosentino, Dell'Utri, Schifani, Santanchè, Prestigiacomo, Bondi, La Russa, Gasparri, cadano, perdano il potere, per una questione di escort. Non hanno pagato, non hanno avuto il buon senso e l'onesta di dimettersi per le varie inchieste che li hanno coinvolti e per le quali continuano ad essere indagati, che vanno dalla prostituzione, allo stragismo, all'associazione a delinquere di stampo camorristico e mafioso, alla corruzione, alle tangenti, figuriamoci se per il tabù del sesso si dimettano. Credo invece che ci sia un'evoluzione del potere, che potrebbe portare a nuova violenza gratuita. Il fatto che si pavoneggiano di fronte a queste inchieste, che si "divertono" in situazioni del genere, mi lascia esterrefatto. Leggere gli articoli di Sallusti o di Belpietro, ascoltare i vari mezzi busti del Tg1, vedere trasmissioni come Matrix o Porta a Porta, capire la loro strategia di difesa del potere, è raccapricciante. Il concetto è chiaro: c'è un governo che nasconde il suo operato, losco per molti versi. Lo nasconde con un potere mediatico senza pari nel mondo. Riesce ad asservire tutti: anzi, quasi tutti. Chi non si asservisce, perkè protetto dalla Costituzione, nemico numero 1, diventa bersaglio. La procura, la legge in generale, è un nemico: soprattutto quando le inchieste diventano di dominio pubblico. La gente guarda attraverso quella porta chiusa, vede cosa succede nelle stanze del potere. E questo non va bene. Perchè porta consapevolezza. E la consapevolezza fa paura, al potere. "Perseguitato", "spiato", sono diventate parole associato a "indagato". Come "terrorista", "sovversivo", "delinquente", "violento", tempo fa spazzarono via parole come "pacifista", "comunista" o "socialista".
Nel frattempo, l'Italia va a rotoli. La disoccupazione raggiunge percentuali alte, i redditi diminuiscono, le aziende saltano come birilli. Il nord comincia a divenire ank'esso il Sud Europa. Il macrosistema sta cominciando a sfaldarsi. La tunisia ci ha messo 23 anni prima di ribellarsi. Noi siamo a 17.

lunedì 17 gennaio 2011

Le combat pour la dignité

A tutti quelli che ancora credono alle guerre del pane e alle infiltrazioni del terrorismo nella piazza in Tunisia. Ecco "Le combat pour la dignité", il bellissimo documentario sulla precedente rivolta, quelle che nel 2008 infiammò le piazze di Redeyef, la capitale mondiale delle miniere di fosfato. Un lavoro di Omeyya Seddik e Iyed Dahmani. Un film che mostra come la crudeltà della repressione del regime tunisino non sia iniziata a Sidi Bouzid lo scorso 17 dicembre. Già nel 2008 la polizia sparava sui manifestanti e torturava chi rivendicava i propri diritti. Il racconto di quei giorni nelle parole delle mogli dei sindacalisti arrestati all'epoca. Sì perché loro, le donne, hanno avuto e hanno un ruolo fondamentale per la Tunisia che verrà.

Redeyef : Le combat de la dignité, raconté par des femmes 1/2 from tunisians on Vimeo.



Redeyef : Le combat de la dignité, raconté par des femmes 2/2 from tunisians on Vimeo.




dal sito di Fortress Europe

venerdì 14 gennaio 2011

AVVISO DI INSURREZIONE parte XIII: referendum un uomo da bruciare

VOLETE VOI LAVORARE DI PIU’ E GUADAGNARE DI MENO O PREFERITE RIMANERE SENZA LAVORO E SENZA PROSPETTIVE DI TROVARNE UN ALTRO?

Prima di rispondere pregasi leggere breve estratto di atto notarile relativo ad eredità Agelli: ….nell’accordo del 2004 all’articolo VI si stabilisce che «Madame Y» (cioè Margherita) «si impegna a versare … un importo netto di (omissis) tutti i mesi a (omissis) (la Società)». Sono i soldi (770 mila euro mensili) che Margherita gira alla madre in contropartita dell’usufrutto su una lunga serie di beni. Ma, appunto, a incassare il vitalizio (9,2 mi­lioni di euro annui) non è Marella diretta­mente ma una società, tuttora sconosciuta…

Qui copia originale del documento

Grande attesa ieri alla taverna dei cattivi metallurgici circa il pronunciamento del noto beone sull’imminente referendum, per verificare se si sarebbe allineato alle coraggiose posizioni di Fassino, Chiamparino, Renzino (il sindachino fiorentino)

Compagni, amici, fratelli, soldati della rivoluzione. Innanzitutto mi preme esprimere qui pubblicamente la mia solidarietà a quell’autentico Fantozzi del terzo millennio che è quel povero (povero davvero, a dispetto del cachet) Marchionne, il quale non è altro che un servo, benché ben retribuito, adibito a fare da parafulmine umano (e lo fa molto bene) di un sistema asservito al capitale, al mercato, alla proprietà.

Il nemico non è Marchionne: costui è solo un facente funzioni, un mero esecutore, colui che non può fare altrimenti. Il nemico è il mercato, che viene accettato con fatalismo e rassegnazione come se fosse una legge della fisica, la forza di gravità, una calamità naturale, mentre il mercato è un’invenzione dell’uomo; è qualcosa deciso dagli speculatori finanziari, i soli a guadagnare da ‘questa’ globalizzazione.

Fatemi capire a chi altri porta vantaggi, dove stanno gli aspetti positivi di questo ‘cambiamento’ che promette il portavoce Marchionne. Si schiaccia, si umilia, si ricatta una classe lavoratrice che già ora fatica a mettere insieme il pranzo con la cena, viaggiando intorno ai mille euro al mese, minacciando di farla finire sul lastrico se non si piega, se non mette nero su bianco: signorsì padrone. Una classe lavoratrice costretta a condurre un’esistenza reificata, pura protesi di macchinari , che le spezza la schiena, le braccia, i muscoli in cambio di un assegno che le consente a malapena di sopravvivere, che per il tempo ‘libero’ non le lascia risorse per libri, cinema e teatro, ma le consente solo un giro all’hard discount e la televisione (la televisione! con quei bei programmi che fanno!).

E questa sarebbe vita? Si rimpinguano le tasche di un tapino, servo fra i peggior servi del sistema, che per sua stessa ammissione non fa mai vacanze, veste malissimo, consuma le sue giornate e i suoi polmoni fra 70 sigarette al dì, riceve parolacce, improperi, minacce, invettive e, quel che è peggio, i complimenti e l’apprezzamento di Sacconi e Cicchitto.

Tutti questi sacrifici umani per ottenere che cosa? Per produrre medicinali, farmaci salvavita, per sfamare il pianeta, per combattere l’inquinamento? Insomma, per contribuire ad un progetto di progresso, di benessere dell’umanità? Niente di tutto questo: per produrre gingilli per supercafoni, quei gipponi che ingombrano, inquinano, consumano più di quanto dovrebbe un razionale e ragionevole mezzo di locomozione. Ditemi dov’è l’aspetto positivo, perché io non lo vedo. I rialzi in borsa? L’arricchimento degli speculatori? La finanza che brinda ancora? Ma solo gli speculatori, che tuttavia vivono anch’essi su questo pianeta e respirano la stessa aria, dovrebbero essere contenti, tifare per il sì …

Questa vicenda illustra perfettamente la follia del sistema. Ricordo che un’azienda non è solo dei soci, degli azionisti, dei manager, ma soprattutto di chi vi lavora. Se vincesse il no non sarebbe affatto finita. I legittimi proprietari, gli operai, potrebbero, dovrebbero occupare lo stabilimento, sollevare un caso nazionale, chiamare a raccolta ogni realtà antagonista, organizzare una ‘nuova’ marcia dei 40.000, imporre di riaprire la trattativa puntando a un ripensamento, una riconversione che miri ad un diverso progetto, modelli meno inquinanti, un nuovo piano di mobilità sostenibile, denunciando l’inanità della politica industriale nazionale di un governo imbelle, che magari proprio su questo potrebbe cadere …

Non sottovalutiamo la forte valenza simbolica di questo referendum. La vera posta in gioco è ben altra. Si tenta di estorcere ai lavoratori l’assenso per introdurre il peggior autoritarismo in fabbrica e poi in ogni altro luogo di lavoro. Il vero quesito non è: volete voi l’investimento a Mirafiori?

Ma bensì, volete voi una vita di merda, un mondo di merda? Sì o no? Scappa fuggi e salva qualche cosa in te, e non lasciarli fare, non diventare un uomo da bruciare …

dal genio sconfinato del nostro lampadiere Pococurante

da http://www.esserevento.it/?p=5758

martedì 11 gennaio 2011

'A Rivoluzione 'e Pullecenella

Nu juorno Pulecenella, comm’e sempe, réva spettaculo pe’ mmiezo a via. Attuorno a isso ce steve na folla enorme: a gente reréva, é ccriature ó uardàveno cu l'uocchie 'ncantate. Antrasatto a rint'a na casa accanto a lloro se sentette nu sparo. Nu lampo é fuoco passaje pe’ mmiez' a gente. Propio vicino a Pulecenella na uagliona se schiantaje pe’ terra, senza n'allucco, senza nu lamiento. Pulecenella a pigliaje 'nbraccio e s'a strignette ó pietto. O core suojo era na preta. Rimanette senza ciato e cu l'uocchie perdute. A gente alluccava.
A ambulanza sunava comm' e na resperata. Ma nun ce steve cchiù niente a fà. Pulecenella se luvaje a màscara, se stracciaje a cammisa sporca é sanghe e a chillu mumento cagnaje cumpletamente. A chillu juorno accumminciaje nata vita. O puosto ra màscara che faceva rìrere, s'appennette ò cuollo nu ritratto é chella guagliuncella morta accisa, cu na scritta:
Mò abbasta!!!
Tutte é juorne, a tutte l'ore se metteva annanzo ò Municipio, annanzo ò Palazzo Riale, mmiez'o Marcato. A gente o ricunusceva e a poco a poco se furmava na folla sempe cchiù grossa. Pò, senza rícere na parola, sagliéveno pe' scale ro' Palazzo San Giàcumo, rinto o Duomo, 'ncoppo a Prefettura o rinto ó Tribunale.
A principio o Sìnnaco s'annascunneva, o Prefetto se ne jeva, o Cardinale nun se 'mpurtava, o Procuratore se ne futteva. Ma ogni vota a folla criscéva.
Na rumméneca matina chelli gente arrivàjeno a régnere o stadio é San Paulo.
Ma a squadra nun ghiucava, a gente nun parlava, pure l’aria se fermava.
Nun se sparáveno tracche e bott' a muro, nun se faceva nu minimo rummore.
A rinto all'altuparlante, finalmente se sentette na voce - a vocia soja:
Fino a quanno vulimme tirà annanze accussì, senza na Legge?
E’ pròpio na schifezza!
Fino a quanno imma campà comme zòcchele e scarrafune mmiezo a sta munnezza?
Fino a quanno imma sentì é cumanne é st' incapace, ca fanno sempe peggio?
Aizammo a capa. Vuttammo é mmane: facìmmece arrispettà!
Comm’e na scarica elettrica passaje pe’ mmiezo a folla. A chillu mumento esatto a città cagnáie. Ogni napulitano se senteva ó patrone é Nápule, ó uardiane ra città. Se furmájeno é Cumitate. Gruppe é cittadine pigliáveno a munnezza abbandunata e a purtáveno rinto ò Maschio Angioino, annanz’ ó Municipio. Squadre é guagliune cu’ l'acqua e co’ ssapone luvávene tutte é fetenzie a coppo é mure. E meglie prufessioniste cuntrulláveno é cunte ró Comune e, quanno truváveno é 'mbruoglie, chiammáveno a guardie é finanza o l'avvucate. A Piazza Garibaldi, o puosto é chillu caos é tutte é juorne, facètteno fà nu 'distretto senza fruntiere, arò se puteva truvà a gente e a robba é tutte o munno, senza scippe e senza 'mbruoglie. Comme pe’ miràcule Nàpule turnaje a essere na metròpole é nu paese civile. Pulecenella nun ce pensaje ddoje vote. Se mettette a màscara antica e turnaje pe’ tutta Nápule ché smorfie, é battute, a fantasia ca a tanti siécule ce fanno rifléttere e ce pòrteno allegria.
(©Arò stà Nàpule - GN2010)
http://comibosco.blogspot.com/2011/01/rivoluzione-e-pulecenella.html