venerdì 10 settembre 2010
Angelo Vassallo
Essere martire in una terra martoriata dall'omertà, dalla complicità e dalla concussione, dall'affarismo e dal clientelismo con la camorra. Chi in questo momento piange dinanzi al feretro o celebra dall'altare il funerale di un sindaco che pare faceva solo il suo dovere nell'interesse pubblico (perché fare il proprio dovere NON DEVE essere considerata una cosa straordinaria) è probabilmente complice degli assassini. Come può il sindaco di Napoli ad esempio partecipare con animo sereno, senza sentirsi "complice" di tale sistema? Chiudendo un occhio su quell'appalto lì per quieto vivere (come spesso si fa dalle nostre parti) non si fa altro che accettare e chiudere un occhio anche su un omicidio. Che senso ha essere martire se solo una persona su 200 fa barricate contro la camorra? L'ipocrisia è padrona in questi momenti, la chiesa, i comuni, le province, le regioni, lo stato, l'europa, dovrebbero debellare il cancro, non solo piangerne le vittime.
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